Che cos'è il letterato?
λέγουσι γὰρ δήπουθεν πρὸς ἡμᾶς
οἱ ποιηταὶ ὅτι ἀπὸ κρηνῶν μελιρρύτων ἐκ Μουσῶν κήπων [534b] τινῶν καὶ ναπῶν δρεπόμενοι τὰ μέλη ἡμῖν φέρουσιν ὥσπερ
αἱ μέλιτται, καὶ αὐτοὶ οὕτω πετόμενοι· καὶ ἀληθῆ λέγουσι. κοῦφον γὰρ χρῆμα
ποιητής ἐστιν καὶ πτηνὸν καὶ ἱερόν, καὶ οὐ πρότερον οἷός τε ποιεῖν πρὶν ἂν ἔνθεός
τε γένηται καὶ ἔκφρων καὶ ὁ νοῦς μηκέτι ἐν αὐτῶι ἐνῆι· (Platone, Ione, 534a-534b)
Ci è venuto il desiderio di
porci una domanda oggi decisamente fuori moda e fuori luogo: che cos'è il
letterato oggi, quale dovrebbe essere il suo ruolo nella società attuale? I best-sellers si trovano al supermercato,
hanno copertine invitanti, rilegature di pregio, costano poco... Hanno fascette
che testimoniano i premi vinti, le tirature altissime... Pensiamo faccia ancora
bene ricordare qualche antica definizione di letterato e riflettere sulle
suggestioni che esse ci ispirano. Platone riesce a suscitarci ancora qualche
brivido, informandoci che il letterato è una entità leggera, alata e sacra, che
non riesce a creare nulla se il dio non lo ispira venendo per un attimo a
vivere in lui: κοῦφον γὰρ χρῆμα ποιητής ἐστιν
καὶ πτηνὸν καὶ ἱερόν, καὶ οὐ πρότερον οἷός τε ποιεῖν πρὶν ἂν ἔνθεός τε γένηται
καὶ ἔκφρων καὶ ὁ νοῦς μηκέτι ἐν αὐτῶι ἐνῆι.
Nessuno oggi si riconoscerebbe
seriamente nella definizione platonica. Pensiamo invece che abbia ancora un
valore assolutamente accettabile la lezione che Giovanni Berchet ci forniva,
con atteggiamento paterno, nella Lettera
semiseria di Grisostomo. Ricordiamo che essa si inseriva nel contesto della
irruzione che la letteratura romantica europea compì in Italia dopo la
Restaurazione. Quella romantica è stata, a nostro parere, una delle poche
rivoluzioni che abbia proficuamente raggiunto il suo scopo nel nostro paese. Il
letterato deve scrivere per tutti, interpretando i "problemi" di chi
vive ogni giorno la battaglia della vita e non ha tempo o modo di scrivere per
esprimersi. Oggi ci pare che molti letterati, soprattutto poeti, si siano
ritirati in un loro mondo a celebrare un culto squisito della parola intessuto
di calligrafie sublimi, con il risultato che il loro numero rischia di divenire
superiore a quello dei lettori. A questi amici di parola riproponiamo per
concludere la lettura di alcune righe berchettiane.
"Tutti gli uomini, da Adamo in giú fino al calzolaio
che ci fa i begli stivali, hanno nel fondo dell’anima una tendenza alla Poesia.
Questa tendenza, che in pochissimi è attiva, negli altri non è che passiva; non
è che una corda che risponde con simpatiche oscillazioni al tocco della prima.
La natura, versando a piene mani i suoi doni nell’animo di que’ rari individui
ai quali ella concede la tendenza poetica attiva, pare che si compiaccia di crearli
differenti affatto dagli altri uomini in mezzo a cui li fa nascere. Di qui le
antiche favole sulla quasi divina origine de’ poeti, e gli antichi pregiudizi
sui miracoli loro, e l’«est Deus in nobis». Di qui il piú vero dettato di tutti
i filosofi; che i Poeti fanno classe a parte, e non sono cittadini di una sola
società ma dell’intero universo. E per verità chi misurasse la sapienza delle
nazioni dalla eccellenza de’ loro poeti, parmi che non iscandaglierebbe da
savio. Né savio terrei chi nelle dispute letterarie introducesse i rancori e le
rivalità nazionali. Omero, Shakespeare, il Calderon, il Camoens, il Racine, lo
Schiller per me sono italiani di patria tanto quanto Dante, l’Ariosto e
l’Alfieri.
...
La gente ch’egli cerca, i suoi veri lettori stanno a milioni
nella terza classe (la gente di media
condizione che lavora, secondo Berchet). E questa, cred’io, deve il poeta
moderno aver di mira, da questa deve farsi intendere, a questa deve studiar di
piacere, s’egli bada al proprio interesse ed all’interesse vero dell’arte. Ed
ecco come la sola vera poesia sia la popolare: salve le eccezioni sempre, come
ho già detto; e salva sempre la discrezione ragionevole questa regola vuole
essere interpretata." (G. Berchet, Lettera
semiseria di Grisostomo)
Andrea Salvini