mercoledì 21 gennaio 2015

La società del divertimento

Si dovrebbe essere assolutamente consapevoli che la realtà che ci circonda, con i suoi agi e disagi è il risultato, in alta percentuale, di precise scelte politiche. Se i giovani sono ormai da decenni coinvolti dall'industria del divertimento, fondata su discoteche, ristorazione alla moda, vacanze, smartphone, sesso, droghe e via dicendo, ciò è dovuto alle scelte politiche che sono state compiute a tutti i livelli in un passato ormai non più recente. La vera svolta, secondo noi, è venuta verso la fine degli anni Settanta, quando, per disinnescare la carica esplosiva delle contestazioni giovanili, è stata data mano libera a chi era pronto a proporre, o propinare, ai giovani miti e mode fatti di note e di illusioni. Quella è anche l'epoca dell'affermazione, su scala almeno continentale, della televisione commerciale e del calcio giocato praticamente ogni giorno della settimana a tutte le ore.
L'eccezionale forza conservatrice dei divertimenti di massa era stata già intuita da Erodoto nel V secolo a. C., molto prima che a Roma si praticasse la politica del panem et circenses. Lasciamo a lui la parola, premettendo qualche nota introduttiva. Siamo nel VI secolo a. C. Il regno di Lidia è caduto ed è stato annesso all'impero persiano. Ciro il Grande ha imposto come governatore Tàbalo, un suo fiduciario; poi ha fatto ritorno verso la Persia portando con sé il vecchio re della Lidia, Creso, che lo accompagnerà sempre come fidato consigliere. Ad un certo punto giunge la notizia che Pactie si è messo a capo di una rivolta dei Lidi contro Ciro, che a quel punto vorrebbe cancellare per sempre i Lidi dalla faccia della terra. Ciò che accade allora ce lo racconta Erodoto stesso: il consiglio che Creso fornisce a Ciro è davvero impressionante. Aggiungiamo, per comodità dei lettori, una nostra traduzione, che non ha alcuna pretesa qualitativa.


CLIV. [1] ὡς δὲ ἀπήλασε ὁ Κῦρος ἐκ τῶν Σαρδίων, τοὺς Λυδοὺς ἀπέστησε ὁ Πακτύης ἀπό τε Ταβάλου καὶ Κύρου, καταβὰς δὲ ἐπὶ θάλασσαν, ἅτε τὸν χρυσὸν ἔχων πάντα τὸν ἐκ τῶν Σαρδίων, ἐπικούρους τε ἐμισθοῦτο καὶ τοὺς ἐπιθαλασσίους ἀνθρώπους ἔπειθε σὺν ἑωυτῷ στρατεύεσθαι. ἐλάσας δὲ ἐπὶ τὰς Σάρδις ἐπολιόρκεε Τάβαλον ἀπεργμένον ἐν τῇ ἀκροπόλι.

CLV. [1] πυθόμενος δὲ κατ᾽ ὁδὸν ταῦτα ὁ Κῦρος εἶπε πρὸς Κροῖσον τάδε. «Κροῖσε, τί ἔσται τέλος τῶν γινομένων τούτων ἐμοί; οὐ παύσονται Λυδοί, ὡς οἴκασι, πρήγμάτα παρέχοντες καὶ αὐτοὶ ἔχοντες. φροντίζω μὴ ἄριστον ᾖ ἐξανδραποδίσασθαι σφέας. ὁμοίως γὰρ μοι νῦν γε φαίνομαι πεποιηκέναι ὡς εἴ τις πατέρα ἀποκτείνας τῶν παίδων αὐτοῦ φείσατο· [2] ὡς δὲ καὶ ἐγὼ Λυδῶν τὸν μὲν πλέον τι ἢ πατέρα ἐόντα σὲ λαβὼν ἄγω, αὐτοῖσι δὲ Λυδοῖσι τὴν πόλιν παρέδωκα, καὶ ἔπειτα θωμάζω εἰ μοι ἀπεστᾶσι.» ὃ μὲν δὴ τά περ ἐνόεε ἔλεγε, ὃ δ᾽ ἀμείβετο τοῖσιδε, δείσας μὴ ἀναστάτους ποιήσῃ τὰς Σάρδις. [3] «ὦ βασιλεῦ, τὰ μὲν οἰκότα εἴρηκας, σὺ μέντοι μὴ πάντα θυμῷ χρέο, μηδὲ πόλιν ἀρχαίην ἐξαναστήσῃς ἀναμάρτητον ἐοῦσαν καὶ τῶν πρότερον καὶ τῶν νῦν ἑστεώτων. τὰ μὲν γὰρ πρότερον ἐγώ τε ἔπρηξα καὶ ἐγὼ κεφαλῇ ἀναμάξας φέρω· τὰ δὲ νῦν παρεόντα Πακτύης γὰρ ἐστὶ ὁ ἀδικέων, τῷ σὺ ἐπέτρεψας Σάρδις, οὗτος δότω τοι δίκην. [4] Λυδοῖσι δὲ συγγνώμην ἔχων τάδε αὐτοῖσι ἐπίταξον, ὡς μήτε ἀποστέωσι μήτε δεινοί τοι ἔωσι· ἄπειπε μέν σφι πέμψας ὅπλα ἀρήια μὴ ἐκτῆσθαι, κέλευε δὲ σφέας κιθῶνάς τε ὑποδύνειν τοῖσι εἵμασι καὶ κοθόρνους ὑποδέεσθαι, πρόειπε δ᾽ αὐτοῖσι κιθαρίζειν τε καὶ ψάλλειν καὶ καπηλεύειν παιδεύειν τοὺς παῖδας. καὶ ταχέως σφέας ὦ βασιλεῦ γυναῖκας ἀντ᾽ ἀνδρῶν ὄψεαι γεγονότας, ὥστε οὐδὲν δεινοί τοι ἔσονται μὴ ἀποστέωσι.»

CLVI. [1] Κροῖσος μὲν δὴ ταῦτά οἱ ὑπετίθετο, αἱρετώτερα ταῦτα εὑρίσκων Λυδοῖσι ἢ ἀνδραποδισθέντας πρηθῆναι σφέας, ἐπιστάμενος ὅτι ἢν μὴ ἀξιόχρεον πρόφασιν προτείνῃ, οὐκ ἀναπείσει μιν μεταβουλεύσασθαι, ἀρρωδέων δὲ μὴ καὶ ὕστερον κοτὲ οἱ Λυδοί, ἢν τὸ παρεὸν ὑπεκδράμωσι, ἀποστάντες ἀπὸ τῶν Περσέων ἀπόλωνται. [2] Κῦρος δὲ ἡσθεὶς τῇ ὑποθήκῃ καὶ ὑπεὶς τῆς ὀργῆς ἔφη οἱ πείθεσθαι. καλέσας δὲ Μαζάρεα ἄνδρα Μῆδον, ταῦτά τέ οἱ ἐνετείλατο προειπεῖν Λυδοῖσι τὰ ὁ Κροῖσος ὑπετίθετο, καὶ πρὸς ἐξανδραποδίσασθαι τοὺς ἄλλους πάντας οἳ μετὰ Λυδῶν ἐπὶ Σάρδις ἐστρατεύσαντο, αὐτὸν δὲ Πακτύην πάντως ζῶντα ἀγαγεῖν παρ᾽ ἑωυτόν.



CLIV. Come Ciro si fu allontanato da Sardi, Pactie fece defezionare i Lidi da Ciro e da Tabalo e, dopo esser disceso al mare, poiché disponeva di tutto l'oro di Sardi, andava arruolando mercenari e cercava di convincere le genti rivierasche a compiere una spedizione insieme con lui. Spintosi fino a Sardi, assediava Tabalo che si era asserragliato sull'acropoli.

CLV. Ciro, venuto a conoscenza di questi fatti mentre si trovava in viaggio, si rivolse a Creso in questi termini: "Creso, quale conclusione ci sarà per me di questi avvenimenti? I Lidi non smetteranno, a quanto sembra, di darmi fastidi e di averne essi stessi. Sto meditando di ridurli in schiavitù. Infatti ora almeno mi sembra di aver fatto proprio come se avessi ucciso il padre e risparmiato i suoi figli. Così io, da una parte, ho preso prigioniero e porto con me te, che dei Lidi sei più di un padre, dall'altra ho consegnato agli stessi Lidi la loro città, e poi mi meraviglio se mi si rivoltano contro. L'uno appunto pensava e diceva queste cose, l'altro gli rispondeva in questi termini, temendo che distruggesse Sardi: "O Re, tu hai espresso il tuo pensiero, ma tu non abbandonarti completamente alla collera e non distruggere un'antica città che è incolpevole sia degli avvenimenti precedenti sia dell'attuale rivolta. Infatti io ho compiuto le azioni di prima e io le sto scontando con la mia testa, invece dei fatti presenti è colpevole Pactie, al quale tu avevi affidato Sardi: costui ti paghi il fio. Tu, usando clemenza verso i Lidi, ordina loro queste cose, affiché non ci sia pericolo che ti si ribellino: manda ambasciatori a proibire loro di possedere armi da guerra, comanda invece che indossino chitoni sotto i mantelli, che portino ai piedi alte calzature allacciate, ordina che insegnino ai figli a suonare la cetra, a danzare  e ad esercitare il commercio al minuto. E in breve tempo li vedrai, o Re, diventati donne da uomini che erano, cosicché non ci sarà più nessun pericolo che ti si ribellino".

CLI. Creso andava suggerendo a lui queste cose, trovando che era preferibile per i Lidi una tale soluzione anziché essere venduti schiavi, sapendo che se non gli avesse fatto una proposta valida non lo avrebbe convinto a cambiare le sue intenzioni, temendo che anche in futuro i Lidi, se fossero riusciti a sfuggire al castigo di quel momento, si sarebbero ribellati ai Persiani e sarebbero stati annientati. Ciro, ascoltato il consiglio e deposta l'ira, gli rispose che si era lasciato convincere. Chiamato il medo Mazare, lo incaricò di ordinare ai Lidi quello che Creso suggeriva e di condurre in ogni modo Pactie vivo al suo cospetto.
 

Erodoto, Storie, I, 154-156