Su "Anima semiseria" di
Da Soller
La silloge di racconti è un genere
forse più praticato nel passato che nel presente. Esso comunque ha sempre avuto
una vita più difficile rispetto al romanzo o alla stessa raccolta poetica. Già
D'Annunzio si lamentava di una certa resistenza da parte degli editori a
pubblicare opere come queste. Tuttavia, la serie di racconti che contiene
storie delle più varie ambientazioni e collocazioni temporali, ci pare uno
degli strumenti più adatti per trattare una realtà multiforme e ferita, che si
contorce e grida, e nel contempo anela alla riscossa, come quella
contemporanea.
I soggetti sono davvero molto vari,
anche di tipo storico. Da Soller si cimenta, infatti, a dare voce a un'ebrea
deportata ad Auschwitz, il cui ultimo
pensiero è per il tedesco che l'aveva amata (Una doccia di zyklon). Prima ancora troviamo una vicenda di amore
profondo e tormentato ambientata nel tardo Medioevo, fra un infallibile
spadaccino e una donna che definiremmo "virile" (Violante e Aldebrando). Qui potremmo anche parlare di una voluta
imitazione creativa nei confronti del Boccaccio, considerando anche il fatto
che la protagonista femminile si chiama Violante, il nome di una figlia del
Certaldese, ma anche il nome della protagonista di una novella (V, 7). E
secondo noi qui l'Autore ha voluto ammiccare ad un modello e scoprire un poco
le sue carte: come nel suo Decameròn
il nostro conterraneo volle fornire un affresco vastissimo della realtà a lui
contemporanea, unendo tutti i i toni e tutti i colori dell' universo umano del
suo tempo, così Da Soller è andato pazientemente in cerca di quasi tutte le
inquietudini, o, meglio, degli incubi che travagliano le nostre esistenze quotidiane
per animarli dall'interno, per dare ad essi un corpo, evitando il rischio che
si tratti dei soliti fantasmi elettronici da telegiornale che non ci lasciano
dormire sonni tranquilli, ma che, al contempo, non hanno mai il tempo di prendere
contorni così definiti da permetterci di riflettere. Abbiamo così la ragazza
picchiata dall'ex‑compagno, vendicata da un'amica determinata e coraggiosa; il
terrorista islamico che prima della strage di Charlie Hébdo si chiede per un attimo se avrà davvero le settanta urì promesse in premio a chi muore per
Allah; il musicista eroinomane che muore per il suo vizio, subito dopo avere
avuto la più geniale delle sue ispirazioni; il giovane che a vent'anni si trova
gravemente ammalato…
La raccolta, comunque, si presenta
come semiseria e veramente il tono antifrastico, che mai diventa irrisione, pervade
quasi tutti i racconti. Il gioco, se così vogliamo chiamarlo, è scoperto sin
dall'inizio: prima di farci entrare nel regno degli incubi, l'Autore ci propone
un autoritratto adolescenziale, colto all'epoca di un sapido scherzo giocato ad
un antipatico professore, con poco senso dell'umorismo e anche dotato di
mediocre cultura. Il carattere semiserio è accentuato da un'ottica quasi sempre
straniata in un modo imprevedibile. L'esito più riuscito di questa tecnica ci è
sembrato l'ultimo racconto, il riscatto di una giocatrice patologica (ma non
troppo…) narrato nientemeno che dalla slot
machine con cui essa si sta rovinando, ma che, dotata di sentimenti umani,
riesce a farle vincere una fortuna (Emotività
digitale). Sarà appena il caso di ricordare che anche il Decameròn, che abbiamo indicato come
possibile modello, è una raccolta semiseria, che contiene in sé ogni tipo di
sfumatura del reale, dalla tragedia implacabile di Lisabetta da Messina alla
fortuna inaspettata di Andreuccio da Perugia.
Lo stile è sostanzialmente
classico, netto e geometrico, ma esso contempla anche l'aggressione ad una
realtà spesso crudele e insensata mediante termini cinici e violenti, e
soprattutto con l'uso frequente di un'onomatopea meccanica, barbara e cattiva, che
interrompe spesso il narrato. E' come se quel linguaggio iconico fatto di
immagini vorticose e suoni sgradevoli, in cui oggi noi tutti, ci piaccia o no,
siamo costretti a rimanere immersi, si fosse creato uno spazio nel regno della
scrittura, venendole in aiuto, anziché disgregarla. E richiamiamo anche
l'attenzione anche su un altro tratto stilistico: il largo uso della
focalizzazione interna. Esso ci trasfonde l'angoscia delle situazione, ci
sembra di essere quell'uomo o quella donna soli con il loro dramma.
Siamo in ogni caso convinti convinti
che non manchi una fiducia di fondo in questo scrittore, una certezza della
perennità dei valori umani. Potremmo ricorrere a molti esempi in tal senso; ci
limitiamo a sottolineare la presenza in alcuni testi di un vero protagonista
della speranza: il Papa Francesco in persona, il vero eroe probabile dei nostri
tempi. Un uomo anziano, ma indomito, che non sa arrendersi ai compromessi. La
sua dimensione spirituale è trattata con una
leggerezza che fa pensare al disincanto, specialmente quando parla a tu
per tu con Dio come faceva don Camillo, altro eroe della semplicità. Egli però
arriva a sfidare la propria debolezza senile e i servizi segreti del Vaticano,
che lo braccano per impedirgli di fare la carità immediata verso i deboli come
quando era un prete di strada.
Concludiamo con un caldo invito
alla lettura di questi racconti, sicuri che non lasceranno nessuno senza un
qualcosa in più da meditare.
Andrea
Salvini
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