lunedì 6 giugno 2016



Su "Anima semiseria" di Da Soller

La silloge di racconti è un genere forse più praticato nel passato che nel presente. Esso comunque ha sempre avuto una vita più difficile rispetto al romanzo o alla stessa raccolta poetica. Già D'Annunzio si lamentava di una certa resistenza da parte degli editori a pubblicare opere come queste. Tuttavia, la serie di racconti che contiene storie delle più varie ambientazioni e collocazioni temporali, ci pare uno degli strumenti più adatti per trattare una realtà multiforme e ferita, che si contorce e grida, e nel contempo anela alla riscossa, come quella contemporanea.
I soggetti sono davvero molto vari, anche di tipo storico. Da Soller si cimenta, infatti, a dare voce a un'ebrea deportata ad Auschwitz,  il cui ultimo pensiero è per il tedesco che l'aveva amata (Una doccia di zyklon). Prima ancora troviamo una vicenda di amore profondo e tormentato ambientata nel tardo Medioevo, fra un infallibile spadaccino e una donna che definiremmo "virile" (Violante e Aldebrando). Qui potremmo anche parlare di una voluta imitazione creativa nei confronti del Boccaccio, considerando anche il fatto che la protagonista femminile si chiama Violante, il nome di una figlia del Certaldese, ma anche il nome della protagonista di una novella (V, 7). E secondo noi qui l'Autore ha voluto ammiccare ad un modello e scoprire un poco le sue carte: come nel suo Decameròn il nostro conterraneo volle fornire un affresco vastissimo della realtà a lui contemporanea, unendo tutti i i toni e tutti i colori dell' universo umano del suo tempo, così Da Soller è andato pazientemente in cerca di quasi tutte le inquietudini, o, meglio, degli incubi che travagliano le nostre esistenze quotidiane per animarli dall'interno, per dare ad essi un corpo, evitando il rischio che si tratti dei soliti fantasmi elettronici da telegiornale che non ci lasciano dormire sonni tranquilli, ma che, al contempo, non hanno mai il tempo di prendere contorni così definiti da permetterci di riflettere. Abbiamo così la ragazza picchiata dall'ex‑compagno, vendicata da un'amica determinata e coraggiosa; il terrorista islamico che prima della strage di Charlie Hébdo si chiede per un attimo se avrà davvero le settanta urì promesse in premio a chi muore per Allah; il musicista eroinomane che muore per il suo vizio, subito dopo avere avuto la più geniale delle sue ispirazioni; il giovane che a vent'anni si trova gravemente ammalato…
La raccolta, comunque, si presenta come semiseria e veramente il tono antifrastico, che mai diventa irrisione, pervade quasi tutti i racconti. Il gioco, se così vogliamo chiamarlo, è scoperto sin dall'inizio: prima di farci entrare nel regno degli incubi, l'Autore ci propone un autoritratto adolescenziale, colto all'epoca di un sapido scherzo giocato ad un antipatico professore, con poco senso dell'umorismo e anche dotato di mediocre cultura. Il carattere semiserio è accentuato da un'ottica quasi sempre straniata in un modo imprevedibile. L'esito più riuscito di questa tecnica ci è sembrato l'ultimo racconto, il riscatto di una giocatrice patologica (ma non troppo…) narrato nientemeno che dalla slot machine con cui essa si sta rovinando, ma che, dotata di sentimenti umani, riesce a farle vincere una fortuna (Emotività digitale). Sarà appena il caso di ricordare che anche il Decameròn, che abbiamo indicato come possibile modello, è una raccolta semiseria, che contiene in sé ogni tipo di sfumatura del reale, dalla tragedia implacabile di Lisabetta da Messina alla fortuna inaspettata di Andreuccio da Perugia.
Lo stile è sostanzialmente classico, netto e geometrico, ma esso contempla anche l'aggressione ad una realtà spesso crudele e insensata mediante termini cinici e violenti, e soprattutto con l'uso frequente di un'onomatopea meccanica, barbara e cattiva, che interrompe spesso il narrato. E' come se quel linguaggio iconico fatto di immagini vorticose e suoni sgradevoli, in cui oggi noi tutti, ci piaccia o no, siamo costretti a rimanere immersi, si fosse creato uno spazio nel regno della scrittura, venendole in aiuto, anziché disgregarla. E richiamiamo anche l'attenzione anche su un altro tratto stilistico: il largo uso della focalizzazione interna. Esso ci trasfonde l'angoscia delle situazione, ci sembra di essere quell'uomo o quella donna soli con il loro dramma.
Siamo in ogni caso convinti convinti che non manchi una fiducia di fondo in questo scrittore, una certezza della perennità dei valori umani. Potremmo ricorrere a molti esempi in tal senso; ci limitiamo a sottolineare la presenza in alcuni testi di un vero protagonista della speranza: il Papa Francesco in persona, il vero eroe probabile dei nostri tempi. Un uomo anziano, ma indomito, che non sa arrendersi ai compromessi. La sua dimensione spirituale è trattata con una  leggerezza che fa pensare al disincanto, specialmente quando parla a tu per tu con Dio come faceva don Camillo, altro eroe della semplicità. Egli però arriva a sfidare la propria debolezza senile e i servizi segreti del Vaticano, che lo braccano per impedirgli di fare la carità immediata verso i deboli come quando era un prete di strada.
Concludiamo con un caldo invito alla lettura di questi racconti, sicuri che non lasceranno nessuno senza un qualcosa in più da meditare.


Andrea Salvini

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