venerdì 17 gennaio 2014


Questi nostri tempi

Libenter ex iis qui a te veniunt cognovi familiariter te cum servis tuis vivere: hoc prudentiam tuam, hoc eruditionem decet. 'Servi sunt.' Immo homines. 'Servi sunt '. Immo contubernales. 'Servi sunt.' Immo humiles amici. 'Servi sunt.' Immo conservi, si cogitaveris tantundem in utrosque licere fortunae. (Seneca, Epistulae ad Lucilium, XLVII, 1)

Volentieri vengo a sapere da coloro che arrivano da parte tua che tu ti comporti con i tuoi schiavi con grande familiarità. Questo si addice alla tua saggezza, questo alla tua cultura. "Sono schiavi". No, anzi: uomini. "Sono schiavi". No, anzi: compagni di vita. "Sono schiavi". No, anzi: umili amici. "Sono schiavi". No, anzi: compagni di schiavitù, se penserai che la sorte ha lo stesso potere sia verso di te che verso di loro.

La traduzione è nostra, e non ha pretese. Quanti di noi hanno letto, tradotto e dimenticato queste parole di Seneca? Pensando agli immigrati, a quelli che arrivano sulle carrette del mare e a tutti gli altri, credo sia da qui che occorra partire. Sono gli schiavi di oggi, ma, per noi, sono anche persone? Questa riflessione mi sembra preliminare ad ogni decisione politica, economica o altro che prenderemo su questa "materia".

Andrea Salvini

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