domenica 27 aprile 2014


Che cos'è il letterato?

λέγουσι γὰρ δήπουθεν πρὸς ἡμᾶς οἱ ποιηταὶ ὅτι ἀπὸ κρηνῶν μελιρρύτων ἐκ Μουσῶν κήπων [534b] τινῶν καὶ ναπῶν δρεπόμενοι τὰ μέλη ἡμῖν φέρουσιν ὥσπερ αἱ μέλιτται, καὶ αὐτοὶ οὕτω πετόμενοι· καὶ ἀληθῆ λέγουσι. κοῦφον γὰρ χρῆμα ποιητής ἐστιν καὶ πτηνὸν καὶ ἱερόν, καὶ οὐ πρότερον οἷός τε ποιεῖν πρὶν ἂν ἔνθεός τε γένηται καὶ ἔκφρων καὶ ὁ νοῦς μηκέτι ἐν αὐτῶι ἐνῆι· (Platone, Ione, 534a-534b)

Ci è venuto il desiderio di porci una domanda oggi decisamente fuori moda e fuori luogo: che cos'è il letterato oggi, quale dovrebbe essere il suo ruolo nella società attuale? I best-sellers si trovano al supermercato, hanno copertine invitanti, rilegature di pregio, costano poco... Hanno fascette che testimoniano i premi vinti, le tirature altissime... Pensiamo faccia ancora bene ricordare qualche antica definizione di letterato e riflettere sulle suggestioni che esse ci ispirano. Platone riesce a suscitarci ancora qualche brivido, informandoci che il letterato è una entità leggera, alata e sacra, che non riesce a creare nulla se il dio non lo ispira venendo per un attimo a vivere in lui: κοῦφον γὰρ χρῆμα ποιητής ἐστιν καὶ πτηνὸν καὶ ἱερόν, καὶ οὐ πρότερον οἷός τε ποιεῖν πρὶν ἂν ἔνθεός τε γένηται καὶ ἔκφρων καὶ ὁ νοῦς μηκέτι ἐν αὐτῶι ἐνῆι.
Nessuno oggi si riconoscerebbe seriamente nella definizione platonica. Pensiamo invece che abbia ancora un valore assolutamente accettabile la lezione che Giovanni Berchet ci forniva, con atteggiamento paterno, nella Lettera semiseria di Grisostomo. Ricordiamo che essa si inseriva nel contesto della irruzione che la letteratura romantica europea compì in Italia dopo la Restaurazione. Quella romantica è stata, a nostro parere, una delle poche rivoluzioni che abbia proficuamente raggiunto il suo scopo nel nostro paese. Il letterato deve scrivere per tutti, interpretando i "problemi" di chi vive ogni giorno la battaglia della vita e non ha tempo o modo di scrivere per esprimersi. Oggi ci pare che molti letterati, soprattutto poeti, si siano ritirati in un loro mondo a celebrare un culto squisito della parola intessuto di calligrafie sublimi, con il risultato che il loro numero rischia di divenire superiore a quello dei lettori. A questi amici di parola riproponiamo per concludere la lettura di alcune righe berchettiane.

"Tutti gli uomini, da Adamo in giú fino al calzolaio che ci fa i begli stivali, hanno nel fondo dell’anima una tendenza alla Poesia. Questa tendenza, che in pochissimi è attiva, negli altri non è che passiva; non è che una corda che risponde con simpatiche oscillazioni al tocco della prima. La natura, versando a piene mani i suoi doni nell’animo di que’ rari individui ai quali ella concede la tendenza poetica attiva, pare che si compiaccia di crearli differenti affatto dagli altri uomini in mezzo a cui li fa nascere. Di qui le antiche favole sulla quasi divina origine de’ poeti, e gli antichi pregiudizi sui miracoli loro, e l’«est Deus in nobis». Di qui il piú vero dettato di tutti i filosofi; che i Poeti fanno classe a parte, e non sono cittadini di una sola società ma dell’intero universo. E per verità chi misurasse la sapienza delle nazioni dalla eccellenza de’ loro poeti, parmi che non iscandaglierebbe da savio. Né savio terrei chi nelle dispute letterarie introducesse i rancori e le rivalità nazionali. Omero, Shakespeare, il Calderon, il Camoens, il Racine, lo Schiller per me sono italiani di patria tanto quanto Dante, l’Ariosto e l’Alfieri.
...
La gente ch’egli cerca, i suoi veri lettori stanno a milioni nella terza classe (la gente di media condizione che lavora, secondo Berchet). E questa, cred’io, deve il poeta moderno aver di mira, da questa deve farsi intendere, a questa deve studiar di piacere, s’egli bada al proprio interesse ed all’interesse vero dell’arte. Ed ecco come la sola vera poesia sia la popolare: salve le eccezioni sempre, come ho già detto; e salva sempre la discrezione ragionevole questa regola vuole essere interpretata." (G. Berchet, Lettera semiseria di Grisostomo)


Andrea Salvini

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