Scuola e audience...
[III] Non est passus Agamemnon me diutius declamare in
porticu, quam ipse in schola sudaverat, sed: "Adulescens, inquit, quoniam
sermonem habes non publici saporis et, quod rarissimum est, amas bonam mentem,
non fraudabo te arte secreta. <Nihil> nimirum in his exercitationibus
doctores peccant qui necesse habent cum insanientibus furere. Nam nisi dixerint
quae adulescentuli probent, ut ait Cicero, 'soli in scolis relinquentur'. Sicut
ficti adulatores cum cenas divitum captant, nihil prius meditantur quam id quod
putant gratissimum auditoribus fore — nec enim aliter impetrabunt quod petunt,
nisi quasdam insidias auribus fecerint — sic eloquentiae magister, nisi tanquam
piscator eam imposuerit hamis escam, quam scierit appetituros esse pisciculos,
sine spe praedae morabitur in scopulo. (Petronio, Satyricon, III)
Chi vive quotidianamente il mondo della scuola sa bene che
oggi, specie nelle scuole medie superiori, si vive ogni anno con l'angoscia di
sapere quanti allievi ci saranno nell'Istituto l'anno venturo, se ci saranno
riduzioni di posti, se qualcuno sarà costretto ad andarsene ad insegnare
lontano, magari a più di cinquant'anni, con il peso di una famiglia sulle
spalle...
Il problema dell'audience
scolastica è antichissimo. Come noto, quello che ci rimane del Satyricon di Petronio inizia in una
scuola di retorica. Encolpio, il problematico protagonista-narratore della
vicenda ha appena finito una solenne tirata contro la vacuità dell'insegnamento
dei suoi tempi. Il maestro Agamennone lo zittisce e comincia a sua volta un
sermone rivelatore degli imbarazzanti retroscena della didattica di allora. Se
i maestri non raccontassero ciò che vogliono gli allievi, rimarrebbero soli
dentro le loro scuole, come già diceva Cicerone (Nam nisi dixerint quae adulescentuli probent, ut ait Cicero, 'soli in
scolis relinquentur). I maestri sono ridotti al rango di adulatori, o,
meglio, di parassiti, che riescono a procurarsi il pranzo facendosi invitare da
personaggi importanti, beninteso al prezzo di dire sempre ciò che piace a chi
li invita o, meglio, di tendere agguati alle sue orecchie (nec enim aliter impetrabunt quod petunt, nisi quasdam insidias auribus
fecerint). Egli è anche come il pescatore che, se non metterà sull'amo
l'esca gradita ai pesciolini, rimarrà sullo scoglio senza speranza di preda: eloquentiae magister, nisi tanquam piscator
eam imposuerit hamis escam, quam scierit appetituros esse pisciculos, sine spe
praedae morabitur in scopulo.
Il romanzo di Petronio è, come sappiamo, un capolavoro di ambiguità, uno straordinario castello di Atlante letterario. Non si è mai sicuri di nessuna interpretazione che ci sembra di riuscire ad afferrare. Questo un po' ci consola quando leggiamo queste righe...
Andrea Salvini
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